LA NOTAZIONE MUSICALE

di  Andrea Balzani

La scrittura musicale come la conosciamo oggi, si è evoluta nel corso dei secoli di pari passo allo sviluppo della polifonia e al perfezionamento degli strumenti musicali.

In questo articolo vengono descritti la genesi della scrittura musicale e il suo processo di sviluppo, partendo dai codici in uso nell’Antica Grecia, proseguendo con la nascita delle vere e proprie note musicali nel periodo guidoniano, giungendo ai nuovi sistemi di notazione musicale contemporanei.

Condividi gli “Articoli Formativi Musicali” del M° Luca Valsecchi, noto Perito plagi consultato dal Corriere della Sera.

           RICHIEDI UNA CONSULENZA

                   al M° Luca Valsecchi

              TI SI APRIRA’ UN MONDO!

                Click per saperne di più!

Che cos’è la notazione (scrittura) musicale

La scrittura, come anche per la musica, è un insieme coordinato di segni posti sul rigo, atti a rappresentare le varie parti di un discorso compiuto e definito; essa nacque dall’esigenza di tramandare ai posteri un repertorio di canti liturgici estremamente vasto e variegato.

La scrittura fu quindi codificata con notevole ritardo rispetto ai canti già esistenti, in quanto per secoli la trasmissione della musica avvenne quasi esclusivamente per comunicazione orale (come avviene tutt’ora in molte culture extraeuropee).

La notazione musicale nell’ Antica Grecia

Nonostante abbiamo notizie presso i Greci di un primo codice in uso basato sull’alfabeto fenicio per rappresentare graficamente i suoni, peraltro molto impreciso e di ardua interpretazione, un primo sistema accertato era quello di Recordatio: si trattava di un sistema di segni e simboli posti sulla pergamena, con il testo da cantare che indicava approssimativamente il movimento, ascendente o discendente, della melodia; era quindi unicamente un supporto mnemonico.

La nascita delle note musicali (neumi) e del pentagramma

Dapprima con un rigo a secco per il riferimento tonale, poi con l’introduzione delle chiavi, fu il monaco benedettino Guido D’Arezzo ad introdurre l’uso delle note musicali (chiamate neuma cioè segno), derivandole dai primi emistichi dell’Inno di San Giovanni, una melodia ben nota ai cantori:

Ut queant laxis, Resonare fibris, Mira gestorum, Famuli tuorum, Solve poluti, Labire atum – Sancte Iohannes”.

(l’ “Ut” venne sostituito dal DO successivamente da Giovanni Doni, dalle iniziali del suo cognome, mentre il SI come nota effettiva fu aggiunta solo nel Quattrocento).

Con Guido d’Arezzo si impose anche l’utilizzo del rigo a quattro linee (tetragramma); l’aggiunta della quinta linea fu introdotta effettivamente nel XV secolo, portando alla realizzazione del pentagramma.

La notazione musicale relativamente alla durata delle note e le intavolature

Nel Trecento, Francone da Colonia, nel suo trattato “Ars Nova Mensurabilis”, introdusse il sistema di durata delle note in base alle figure, permettendo quindi di attribuire un valore temporale ai singoli suoni.

Punto di mediazione fu la notazione nera, così chiamata perché le note erano completamente annerite, e la notazione bianca che si limitava ai contorni, in uso nel Quattrocento e nel Cinquecento, dove videro le stampe anche i primi esemplari di intavolature, in cui oltre alle note, venivano rappresentate anche le posizioni delle dita sullo strumento con un sistema di lettere e numeri.

La notazione musicale tradizionale così come la scriviamo,  solfeggiamo e trascriviamo oggi, è entrata stabilmente in uso intorno alla fine del XVIII secolo.

La notazione musicale contemporanea (musica colta d’avanguardia)

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, con la crisi (in ambito colto) del sistema tonale, sono stati sviluppati nuovi linguaggi musicali, i quali si sono notevolmente distaccati dalla notazione classica, introducendo segni e figure grafiche di ogni tipologia e liberamente ideate dai singoli compositori. Questi inseriscono in partitura una specifica legenda esplicativa relativamente all’esecuzione di ogni singolo grafismo.