GLI ARMONICI, RELATIVAMENTE AGLI STRUMENTI A BOCCHINO (OTTONI)

di Luca Valsecchi

In questa dispensa non tratterò gli armonici in quanto tali, bensì il loro utilizzo ed ancor prima il loro caratterizzare e determinare la tecnica strumentale che sta alla base della tromba, del trombone, del corno e dei flicorni, detti anche strumenti a bocchino.

Questi strumenti sono dotati di pistoni (o altri tipi di “accorgimenti” aventi stessa funzione), i quali hanno l’unico scopo, pigiati nelle diverse combinazioni possibili, di modificare la lunghezza del “tubo” all’interno del quale vibrerà l’aria insufflata nello strumento attraverso le labbra vibranti sul bocchino, determinando di volta in volta una nuova fondamentale (il suono più grave) e di “riflesso” tutti gli armonici che ne conseguono, come ho spiegato appositamente in un articolo che è possibile leggere cliccando qua.

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Vediamo di capirci meglio… in quanto non è un “concetto” semplice da “afferrare” nemmeno per i musicisti professionisti che non abbiano mai avuto modo di “familiarizzare” direttamente con questi strumenti musicali.

Occorre dire che anche chi suona strumenti a corda (cordofoni), ha la possibilità di sfruttare gli armonici naturali al fine di ottenere suoni ed effetti particolari.

Tornando nel contesto degli ottoni, andiamo con ordine:

innanzitutto le combinazioni possibili (posizioni), ottenibili combinando in modo sempre diverso i 3 pistoni, compresa la possibilità di non pigiarne nemmeno uno, sono sette, di conseguenza si ottengono sette diverse fondamentali, a distanza di semitono l’una dall’altra.

Nel caso del trombone, le sette posizioni si ottengono allungando la coulisse in sette diverse… posizioni.

Chi conosce gli armonici, sa cosa sono e quali suoni concorrono a determinare una fondamentale.

Questi strumenti e solo questi (gli ottoni) hanno la caratteristica di poter “sviscerare” singolarmente tutti gli armonici, dal più grave, quindi partendo appunto dalla fondamentale, salendo gradualmente fino a quelli più acuti, facendoli letteralmente “passare” uno alla volta. E’ bene subito chiarire che, se la fondamentale è fissata ad un’altezza ben precisa (è quindi un suono determinabile appunto, nella sua altezza – o, passatemi il termine, nella sua “bassezza”), la stessa cosa non è determinabile nell’acuto, in quanto non vi è un limite teorico – praticabile in questo senso. Infatti il limite è direttamente legato alla bravura di ogni singolo strumentista: chi suona questi strumenti, specie se professionalmente, sa bene quanto si faccia a “gara” nello “spostare” sempre in avanti questo “non – limite”.

Ed ecco quindi come questi strumenti arrivano a completare cromaticamente la loro estensione sonora.

Di più: moltissimi suoni saranno riproducibili in due diverse posizioni (con diverse “garanzie” di corretta intonazione, per quanto questa non dipenda solo dalla posizione opzionata, ma anche dalle capacità di intonazione dello strumentista), e, professionalmente, lo strumentista effettua la scelta fra le diverse alternative possibili, prendendo in considerazione due diversi fattori: in primis sceglierà la posizione che, naturalmente, garantisce la migliore intonazione, ma un altro aspetto determinante, è legato ai passaggi particolarmente veloci fra le singole note da eseguirsi.

In questo caso, nel momento in cui dovesse essere più comoda una posizione di per sé non ottimale a livello di intonazione, potrà essere assolutamente eseguita, in quanto, essendo passaggi veloci, l’aspetto dell’intonazione non ricopre la medesima importanza come nel caso delle note maggiormente “tenute” (di durata più lunga o quantomeno lunghe a sufficienza per essere nitidamente distinte l’una dall’altra), proprio per il fatto che, trattandosi di passaggi melodici molto veloci, risulta difficile valutare l’intonazione di ogni singolo suono eseguito; in questi casi la comodità tecnico – esecutiva è quindi prioritaria rispetto all’intonazione.