JOHN CAGE
Figura innovativa e rivoluzionaria, John Cage, è stato sicuramente un compositore che ha fatto parlare molto di sé!
Le sue composizioni, estremamente varie per organico e modalità, toccano vette di sperimentazione probabilmente mai toccate fino ad oggi, soprattutto per l’eterogeneità della sua scrittura, che non risulta mai uguale a se stessa.
Stile
E’ molto difficile poter inquadrare Cage all’interno di uno stile o di una corrente ben specifica.
La sua musica è molto influenzata dalla filosofia orientale e quindi, più che stile, dobbiamo definire il lavoro di Cage accomunato da un’estetica, un’estetica molto profonda e radicata anche nelle composizioni più variegate.
Molta importanza, innanzitutto, ha il lavoro e la ricerca sul silenzio.
Conseguentemente l’attenzione sul concetto di silenzio lo porta a confrontarsi con quello di rumore, soprattutto in relazione ad oggetti di vita quotidiana, e ad approfondire e allargare la sensibilità timbrica anche negli strumenti tradizionali.
Molte sue composizioni vengono scritte attraverso l’utilizzo dell’alea e gli interpreti spesso possono fare affidamento sul proprio estro estemporaneo, perché non tutto all’interno delle partiture viene sempre notato.
Il pianoforte preparato
Nonostante anche Satie avesse sperimentato tecniche affini, dobbiamo a Cage la strutturazione cosciente del pianoforte preparato.
Il pianoforte preparato non è uno strumento differente dal pianoforte tradizionale, ma ne vede l’estensione e l’elaborazione timbrica.
Infatti, oggetti di varia natura, che sono liberi nella fantasia e nella sperimentazione del compositore e dei compositori successivi, vengono inseriti o posti sulla cordiera in modo tale da cambiare profondamente il timbro dello strumento fino a trasformarlo del tutto!
Un esempio importante è il ciclo Sonate e interludi, scritto tra il 1946 e il 1948.
Questa tecnica viene utilizzata tuttora e anche nella musica pop ha trovato spazio come ad esempio in alcuni brani dei Beach Boys.
Aria (J. Cage)
Aria è un brano per voce sola che può essere anche eseguito insieme ad altri pezzi di Cage, come indicato sulla legenda.
E’ stato scritto per Cathy Berberian nel 1958 e presenta una scrittura estremamente innovativa! Infatti c’è la totale assenza del pentagramma a favore di linee che indicano altezze relative.
Verticalmente, più la linea sarà in alto nella pagina e più il suono sarà acuto, mentre il “tempo” è dato dalla grandezza orizzontale del segno all’interno della pagina.
Le linee sono dieci e differenti tra loro, per tratto e colore, e ognuna di esse rappresenta un timbro diverso.
Nella leggenda sono annotati i timbri scelti dalla Berberian, ma ogni interprete è libero di scegliere i propri.
Sono presenti anche dei quadratini neri, che rappresentano dei rumori non intonati, sempre a libera scelta dell’interprete.
4’33” (J. Cage)
4’33”, per l’esattezza quattro minuti e trentatré secondi, è una composizione del 1952 in tre movimenti ad organico variabile, può essere cioè eseguita dal singolo strumento fino all’orchestra e consiste… in quattro minuti e trentatré secondi di silenzio.
Un evento importantissimo per la genesi di questo brano è la visita nel 1951 della camera anecoica di Harvard, dove le riflessioni del suono sono abbattute quasi totalmente, avvicinando quindi il rumore di fondo della stanza ad un silenzio assoluto.
Cage fece questo esperimento nella speranza di poter vivere l’esperienza della vera assenza di suono… ma incredibilmente udì nettamente due rumori, che poi scoprì essere il suo sistema circolatorio e il suo sistema nervoso! Il silenzio dunque non poteva esistere.
In 4’33” viene sicuramente rielaborata questa riflessione perché… nonostante il musicista sia in silenzio, la performance è focalizzata sui rumori che avvengono intorno e ai quali di solito non si dà attenzione.
L’estetica di Cage era quella di rivoluzionare l’ascolto, in modo tale da poter scoprire ovunque intorno a noi una profonda bellezza.