TUTTO SUL CORO: MONODICO, POLIFONICO, A VOCI PARI E DISPARI, A CAPPELLA
Siamo tradizionalmente abituati a definire in maniera generica coro, un insieme di persone che intona dei canti.
In effetti, che si tratti di una recita scolastica, di un rito religioso o, più prosaicamente, un evento sportivo, tante sono le occasioni nelle quali la musica trova la sua esaltazione se espressa in maniera collettiva.
In effetti il coro nasce, in antichità – compariva già nella tragedia greca – allo scopo di esaltare la parola attraverso l’uso di più voci.
Il cosiddetto canto gregoriano o monodia liturgica cristiana per una serie di ragioni storiche che qui non è possibile approfondire – in uso all’incirca dal 400 d.c. – è la prima forma di coro della quale ci siano giunte testimonianze tali da poterne delineare le principali caratteristiche ed è anche il punto di partenza della storia della Musica occidentale, che nei secoli muterà aspetto e subirà contaminazioni per arrivare ai giorni nostri nelle diverse forme in cui la conosciamo.
Le origini: il canto monodico liturgico
Il canto corale, come dicevamo, è nato quindi come elemento di amplificazione della parola, al fine di esaltare i riti di preghiera.
Nessuna velleità estetica, quindi, alla base della prima musica corale: la parola aveva il predominio e il canto, espresso da un gruppo di cantori, uomini e religiosi, composto di melodie di poche note, era di natura sillabica e monodico.
Sillabico perché la voce tendeva a scandire il ritmo intrinseco nelle sillabe delle parole; monodico perché ogni cantore cantava la medesima melodia.
Il fatto che fosse composto di poche note – tendenzialmente un’oscillazione tra due suoni detti repercussio e finalis – era una necessità, visto che in quest’epoca ancora la musica non veniva scritta ed era tramandata oralmente.
Lo stile da applicare al canto, a seconda del rito, veniva annotato sulle parole del testo sacro.
Il canto sacro non era, a quel tempo, accompagnato da alcuno strumento.
Il coro polifonico
Dall’unificazione del Sacro Romano Impero in poi, la duplice volontà di mantenerlo unito anche e soprattutto attraverso il rito religioso e rendere immutabili le parole liturgiche – in quanto parola di Dio – fece sì che i canti venissero via via meglio impressi su carta. Questo processo, che porterà alle prime forme di scrittura musicale, diede la possibilità di “complicare” le melodie eseguite dai cantori, dapprima in senso orizzontale, cioè con l’aggiunta di note e abbellimenti – i cosiddetti melismi -, successivamente in verticale, ossia definendo più voci che cantano il testo liturgico seguendo due o più melodie distinte.
È circa nell’800 che assistiamo alle prime testimonianze di coro polifonico, il cui scopo è quindi quello di “amplificare” in verticale la musica ed esaltare ancor meglio la parola liturgica che, di fatto, in questi anni è asservita al potere politico.