IL PIANOFORTE: STORIA ED EVOLUZIONE

di  Andrea Balzani


In questo articolo viene descritto tutto il percorso di scoperte ed innovazioni le quali, partendo dal clavicembalo, hanno portato alla nascita ed al sempre maggiore perfezionamento del “principe degli strumenti musicali”.

Come si vedrà, la storia del pianoforte è lunga ed articolata; per questa ragione, in coda al presente documento, viene elencata la cronologia fondamentale.

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Il Gravicembalo col piano e forte

La storia del pianoforte può risalire agli inizi del ‘700, per merito del padovano Bartolomeo Cristofori, cembalaro, organaro e liutaio, curatore della collezione di pianoforte alla corte fiorentina di Ferdinando De Medici.

Cristofori sostituì alla precedente meccanica del clavicembalo, dove le corde venivano pizzicate da plettri e lamette azionati dai tasti, una meccanica a percussione dove le corde sono colpite da un sistema di martelletti; in questo modo si aveva la possibilità di variare la dinamica e il volume del suono, condizione che non avveniva invece nel clavicembalo.

A questo nuovo strumento Cristofori dette il nome di “gravicembalo col piano e forte”.

I primi costruttori del Pianoforte e il riscontro di Bach

Nonostante l’invenzione tutta italiana dello strumento, i primi costruttori furono tedeschi.

Il primo di cui si abbia notizia, fu Christoph Gottlieb Schröter; originario di Holnstein, l’11 Febbraio del 1721 presentò due esemplari da lui costruiti alla corte di Sassonia col nome di “clavicembali a martelli”.

Il secondo fu il celebre Gottfried Silberman, che nel 1726 costruì due esemplari di sua invenzione, presentandoli qualche anno più tardi allo stesso Johann Sebastian Bach che tuttavia ne criticò aspramente la pesantezza della tastiera e la debolezza dei suoni.

Dopo anni di perfezionamenti, nel 1747 Silberman presentò una nuova collezione presso la corte di Federico II in presenza ancora di Johann Sebastian Bach: il giudizio stavolta fu positivo.

Nonostante l’apprezzamento verso il nuovo strumento, il maestro tedesco non dimostrò mai un reale interesse verso quest’ultimo, rimanendo sempre fedele al clavicembalo e al clavicordo (è plausibile pensare che per un uomo ormai in età avanzata, fosse estremamente difficile accettare l’idea di un cambiamento cosi rivoluzionario!).

Il pianoforte ebbe larga diffusione in Germania, mentre in Italia, ancora troppo legata all’opera e al belcanto, fu duramente osteggiato. Nel 1732 Cristofori morì a Firenze nell’indifferenza generale, mentre in pochi anni il nipote e gli allievi di Silbermann seguirono assiduamente la via tracciata dal loro maestro.

Uno di loro, Johannes Zumpe aprì un’ attività a Londra, mentre a Vienna operava Andreas Stein (i suoi strumenti erano i preferiti di Mozart).

La pedaliera

Intorno al 1777, un tedesco di Strasburgo emigrato a Parigi, Sebastian Erhard, realizzò il primo modello realizzato in Francia, applicandovi qualche anno più tardi per la prima volta una pedaliera e, ancora più importante, introducendo il sistema del “doppio scappamento”, che permetteva con più facilità il ribattuto del tasto, in modo da realizzare con maggiore scioltezza i passaggi più virtuosistici (era particolarmente apprezzato da Franz Liszt).

Non sappiamo con precisione quando furono introdotti i pedali del “piano” e del “forte”; vengono menzionati per la prima volta nel trattato “Versucht über die wahre Art das Clavier spielen” (La vera arte di suonare il clavicembalo) di Carl Philip Emanuel Bach e vennero applicati per la prima volta dal costruttore inglese John Broadwood, con il rinforzo del telaio mediante supporti metallici, sistema che venne presto imitato dalle principali fabbriche europee.

Per approfondire l’argomento dei pedali del pianoforte, è possibile leggere un apposito articolo cliccando qua.

Affermazione del pianoforte in ambito esecutivo e quindi produttivo

Entrati nel XIX secolo, si assiste ad un implemento massiccio del pianoforte; sia perché praticamente (salvo poche eccezioni) ogni compositore scrisse per questo strumento sia in veste solista che da camera, sia perché questo divenne il simbolo di un’ epoca, quella romantica, con cui esso culturalmente si identificava; dopo quasi un secolo dalla sua prima comparsa, è proprio nell’Ottocento che la letteratura per pianoforte raggiunge il suo massimo sviluppo.

In Germania, dove il Romanticismo affondò più di tutti le proprie radici, nacquero numerose fabbriche di produzione (per citarne alcune la “Ibach”, “Schiedmeyer”, “Bechstein”) tuttora esistenti.

In Inghilterra operava anche Muzio Clementi, romano di origine. Pianista, didatta e compositore, divenne presto commerciante e costruttore di pianoforti e nel 1770 fu anche tra i primi a pubblicare le prime sonate per questo strumento (fanno eccezione il pistoiese Ludovico Giustini, che nel 1732 pubblicò a Firenze dodici sonate dal titolo “Sonate da cimbalo per pianoforte detto volgarmente di martelletti”, ed il tedesco Johann Gottfried Eckard, che nel 1763 pubblicò le sonate con la doppia dicitura “per clavicembalo o fortepiano”).

In Francia, oltre ad Erhard menzionato in parentesi, operava anche Ignace Pleyel, fondatore dell’omonima fabbrica, i cui strumenti erano preferiti da Chopin per la loro cantabilità e dolcezza di suono; poi c’erano la “Bord”, la “Kriegelstein” e la “Elckè”.

In Austria, oltre alla celebre “Stein”, di notevole importanza, figura tuttora la “Bösendorfer”, i cui pianoforti sono molto apprezzati per la loro “pienezza” e “rotondità”, soprattutto per l’esecuzione di musica da camera.

In America, l’industria pianistica raggiunse uno sviluppo notevole; dopo la fondazione nel 1923 della “Chickering” di Boston, il primato assoluto spetta alla “Steinway & Sons”, che in pochi anni, grazie a continui studi e perfezionamenti, realizzarono modelli di assoluta bellezza e precisione, in termini di qualità, potenza e brillantezza del suono e sono tuttora tra i migliori modelli presenti sul mercato.

In Italia, rispetto agli altri Paesi, dopo l’invenzione di Cristofori che fu portata avanti da fabbricanti tedeschi, la produzione di pianoforti rimase limitata e circoscritta.

Fanno eccezione la “Anelli” di Cremona, la “Schulze & Pollman” di Bolzano e da alcuni anni la “Fazioli”, che può vantare modelli concorrenziali per qualità, resistenza, raffinatezza e risposta del suono, attualmente considerati tra i migliori in commercio presenti in numerose sale da concerto.

Dalle prime implementazioni tecnologiche alla nascita del Pianoforte digitale

In epoca più moderna, su modello chitarristico, nel 1931 vengono realizzati dalla Bechstein Pianofortefabrik il primo pianoforte dotato di pick-up elettromagnetici, perfezionato poi da Harold Rhodes (lo stesso ideatore del celebre piano “Rhodes”), e “Wurlitzer” presenti in numerosi dischi degli Anni ’70 e ’80.

Negli Anni ’60, Robert Moog, perfezionando i risultati di Maurice Martenot, Raymond Scott e Léon Theremin, realizza uno dei primi sintetizzatori: è la nascita dell’epoca delle tastiere elettroniche.

Per quanto riguarda i pianoforti digitali, le loro caratteristiche e le differenze con il pianoforte acustico, è possibile leggere un apposito articolo cliccando qua.

Cronologia fondamentale

1709 – Invenzione di Bartolomeo Cristofori
1711 – Lo strumento di Cristofori venne descritto nel “Giornale dei letterati d’Italia”
1729 – Schröter presenta due modelli alla corte di Sassonia
1733 – Silbermann presenta due pianoforti a Johann Sebastian Bach
1747 – Federico II, a Postdam, presenta la sua collezione di pianoforti Silbermann a Bach, stavolta con giudizio positivo.
1770 – Prime sonate per pianoforte
1788 – John Broadwood presenta un modello di sua invenzione (un esemplare fu donato anche a Beethoven)
1796 – Primo modello Erhard
1823 – Erhard applica il “doppio scappamento”
1853 – Fondazione della “Steinway & Sons” a New York
1931 – Primo pianoforte con pick- up elettromagnetici
1963 – Robert Moog costruisce uno dei primi sintetizzatori elettronici
1984 – Primo pianoforte digitale immesso sul mercato: Yamaha Clavinova YP-40