L’INTERPRETAZIONE PIANISTICA

di  Maria Rosaria Rossi

Chi osserva uno spartito per la prima volta, resta inevitabilmente attonito al pensiero della complessità della sola lettura della notazione.

Ma quello che sembra il punto di arrivo dello studio della musica, ovvero la lettura fluida e rapida delle note, è in realtà un punto di inizio per arrivare al vero scopo del musicista: l’interpretazione.

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Cos’è l’interpretazione musicale

Non tutti i musicisti esperti amano il termine “interpretazione”, preferendo altre definizioni che meglio si adattano al personale modo di vivere il legame con la musica. È dunque doveroso premettere che è nostra intenzione racchiudere sotto questa definizione tutte le scelte operate dal pianista grazie ad una conoscenza profonda della musica, al di là di ciò che è scritto sugli spartiti, che è chiaramente la base da cui partire.

Per chiarire la differenza tra la semplice esecuzione di un brano, così com’è scritto, e l’interpretazione del medesimo brano, basterà pensare ad un episodio estremamente comune tra i musicisti: agli inizi dei propri studi accade di suonare un brano portandolo a termine correttamente in termini di lettura e ritmica.

Sopraggiunge poi il Maestro, che esegue lo stesso brano; eppure ciò che ascoltiamo sembra estremamente diverso, più coinvolgente, tutto prende il giusto posto. La differenza sta nel “non scritto”.

Imparare dai grandi interpreti

Non esiste un modo assoluto per interpretare tutto il repertorio pianistico, motivo per cui la figura del docente è imprescindibile per avere indicazioni accurate. Per i pianisti che si trovano ad un punto avanzato della propria formazione è utile integrare le lezioni di strumento con la conoscenza dell’armonia, l’analisi delle forme compositive e la lettura degli scritti di didatti e musicisti autorevoli.

Fra tanti testi consigliamo: “L’arte di suonare il pianoforte” di Heinrich Neuhaus, “Chopin visto dai suoi allievi” di Jean-Jacques Eigeldinger, “Abbozzo di una nuova estetica della musica” di Ferruccio Busoni ed in genere tutti i trattati scritti da autorevoli musicisti e compositori.

Mentre alcuni di questi testi forniscono indicazioni pratiche sul suonare il pianoforte, altri invece trasmettono il pensiero musicale dei compositori, andando a condizionare l’interpretazione del pianista stesso.

Cinque consigli per iniziare

Al di là della ricerca personale che deve scaturire dalla curiosità del singolo, possiamo individuare alcuni punti di partenza che possono facilitare il lavoro.

In primis può venire in aiuto dei pianisti ricordare che tutta la musica strumentale è in qualche modo derivata dal canto, e dunque cantare a voce alta una melodia da eseguire al pianoforte ci farà notare da subito dove sono necessari i respiri, quando evitare di suonare alcune note in maniera troppo “diretta” in favore di una leggerissima attesa, dove concedersi un rubato.

In secondo luogo la frase musicale va considerata alla stregua di un discorso parlato. Nessuno terminerebbe una frase alzando il tono della voce; piuttosto, è naturale che la voce si abbassi leggermente quando si finisce un discorso. Allo stesso modo va ricordato categoricamente di chiudere tutte le frasi musicali senza terminarle “urlando”.

La dinamica, che all’inizio degli studi sembra l’elemento sacrificabile in favore della nota giusta, è in realtà un elemento estremamente caratterizzante di un brano. Non va assolutamente messa in secondo piano.

Infine, una volta appurata la conoscenza del brano, è importante abbandonare la tendenza ad affrettare il ritmo dovuta ad uno stato ansioso, ricordandosi di respirare… in tutti i sensi! Non è raro sorprendere un pianista trattenere il fiato inconsapevolmente a causa dell’eccessiva tensione.

Armonia ed ascolto

Nel tempo si noterà che la conoscenza dell’armonia e l’analisi formale dei brani da eseguire è il punto di svolta per rispondere ad ogni domanda sul perché si suona in un certo modo e per dare un senso al discorso musicale guardandolo nel suo insieme.

D’altra parte è utilissimo ascoltare più interpreti di spessore eseguire lo stesso brano, sia per emulare ciò che si preferisce che per abituare l’orecchio ad alcune tendenze comuni nella prassi esecutiva.

Curiosità

Sebbene i pianisti in erba siano spesso convinti del contrario, in realtà l’interpretazione dei brani più complessi richiede un lungo lavoro anche ai professionisti.

Ne è un esempio Arturo Benedetti Michelangeli, uno dei più grandi pianisti di tutti i tempi: sembra infatti che eseguisse in pubblico solo i brani che aveva avuto modo di maturare a livello interpretativo e sonoro… addirittura per circa un anno!