STUDIO DELLA MUSICA
di Luca Valsecchi
Studiare musica.
All’interno di questa “semplice” attività si nasconde un mondo, molto spesso letteralmente sconosciuto anche dopo anni di studio serio e metodico, per poi accorgersi per molteplici ragioni (appunto troppo spesso sconosciute), di non trovarsi nel punto in cui ci si aspettava di trovarsi. Per esempio non un livello di tipo professionale, ma esattamente il contrario… Come può succedere una cosa del genere?
Innanzitutto occorre una doverosa premessa: senza uno studio serio e regolare, non si va da nessuna parte (e tutti coloro che hanno avuto la pretesa di studiare da “autodidatti”, hanno compreso sulla loro pelle quanto sia deleteria una simile scelta). Basterebbe un pizzico di umiltà, quella vera.
Un primo concetto base è che occorre partire dalla cosiddetta A – B – C della musica: qualsiasi sia il nostro obbiettivo (che sia lo studio della classica o della leggera, imparare a suonare il pianoforte, il violino, il clarinetto, la tromba o le percussioni), occorre partire dalla BASE della musica e la base è UGUALE per tutti: senza quella non si va da nessuna parte.
Quindi inizialmente occorre impostare lo studio della musica nel modo più “classico”, partendo innanzitutto dal solfeggio e (parallelamente) dallo studio approfondito dell’armonia (classica), naturalmente accompagnando il tutto con gli studi strumentali (lo studio del pianoforte è indispensabile per tutti, anche per un tecnico del suono o per un critico musicale per esempio).
Focalizziamo il discorso per essere sicuri che sia chiaro, spiegando a cosa servano il solfeggio e l’armonia, perché questo è un errore molto grave e debilitante, cioè studiare senza sapere a cosa serve un determinato studio.
Due parole sul solfeggio: quante volte (troppe) ho sentito dire queste frasi molto tristi: “il solfeggio non serve a niente”, “il solfeggio mi annoia”, ecc.! Vi scrivo la mia personale definizione del solfeggio: “Il solfeggio è l’esecuzione parlata – o ancora meglio cantata – della musica”. Come si fa a odiare o ritenere inutile il solfeggio, se è proprio il solfeggio che ci permette di SENTIRE la musica già nel momento stesso in cui appunto la solfeggiamo? Suonarla, poi, sarà una semplice conseguenza. Semplicemente più difficile, perché occorrerà superare le difficoltà tecnico – strumentali, ma di sicuro non potremo MAI suonarla (o cantare uno spartito) se non sappiamo solfeggiare!!!
Chi arriva a tali affermazioni, oltre che essere totalmente fuori strada, musicalmente parlando non andrà da nessuna parte, perché la capacità che rende una persona un “Musicista”, è quella di saper LEGGERE la musica e interpretarla quindi correttamente. Tutto il resto, le strade “alternative” che oggi vanno tanto di moda, portano da tutte le parti tranne che in quella di diventare Musicisti, con tutte le conseguenze del caso (conseguenze sempre totalmente debilitanti)