ESEGUIRE LA MUSICA A MEMORIA: NECESSITÀ E CONSUETUDINE

di  Maria Rosaria Rossi

Esibirsi in concerto suonando o cantando a memoria è una delle maggiori preoccupazioni del musicista.

Consuetudine consolidatasi nel tempo, chiariremo quando ha avuto inizio, quando e perché è ritenuta un obbligo.

Sono il M° Luca Valsecchi, titolare del blog “Articoli Formativi Musicali” che stai consultando: centinaia di articoli scritti da Musicisti Professionisti. Condividili per promuovere la vera Cultura Musicale.

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Perché i pianisti suonano a memoria

Fra tutti, i musicisti che più di frequente si esibiscono suonando a memoria sono i pianisti. Il motivo è da ricercarsi in primis in Franz Liszt: oltre ad essere uno dei compositori più rilevanti per il repertorio pianistico, nel periodo in cui è vissuto fu un concertista di grandissima fama. Addirittura le case produttrici di pianoforti facevano a gara per offrire a Liszt i propri strumenti per farglieli suonare in concerto.

Ebbene, fu Liszt a standardizzare l’idea che il pianista in concerto dovesse suonare necessariamente a memoria. Questa pratica ha attecchito perché chiaramente basata su ragioni fondate: osservare le proprie mani mentre si suona permette di monitorare costantemente la posizione, in modo da renderla ottimale a livello tecnico. Solo osservando si è infatti in grado di capire se si stanno assumendo atteggiamenti scorretti. Soprattutto in presenza di passaggi molto complessi e di grossi salti, suonare le note corrette è più semplice se si può guardare dove vanno le proprie dita.

Non da ultimo, concentrarsi sulle note da leggere può distogliere l’esecutore dall’ascolto attento dei suoni prodotti, e dunque non stimolare alla ricerca di un tocco sempre migliore.

Come memorizzare uno spartito musicale

Il modo migliore per imparare a suonare a memoria è iniziare a far pratica fin dall’inizio degli studi, scoraggiando tuttavia l’allenamento della sola memoria meccanica. È infatti naturale che con lo studio assiduo di un brano, ad un certo punto si arrivi a conoscerlo a livello “manuale”, ma non a livello “psicologico”. La memoria meccanica tuttavia è la prima ad abbandonarci quando viviamo situazioni di tensione come il suonare in pubblico.

Ci sono diverse idee su quale sia il metodo migliore per studiare a memoria; ne riporteremo qui quelle più efficaci, sebbene bisogna premettere che si tratta sempre di un lavoro lungo e faticoso.

Per la memoria a lungo termine è necessario conoscere le armonie dell’intero brano, e chiaramente ricordarsi come si succedono. Ciò in genere garantisce la permanenza dei brani nella nostra mente anche dopo molto tempo.

In vista delle esecuzioni in pubblico per i pianisti è bene memorizzare la mano sinistra, che statisticamente è quella a cui vengono affidate le armonie, sempre più complesse da memorizzare rispetto alle parti melodiche.

Alcuni consigliano la memorizzazione di poche battute alla volta, magari di un solo periodo musicale (circa 8 battute), raggiunta attraverso una ripetizione quasi maniacale di esse.

Vuoti di memoria

Può naturalmente accadere che durante l’esecuzione si dimentichi parte di un brano, soprattutto quando non si è in grado di gestire al meglio la tensione della presenza del pubblico. In questi casi si parla di vuoto di memoria, e può essere causato anche da piccole cose come un rumore particolarmente forte e improvviso in sala, un cambio di diteggiatura improvvisato che interrompe il flusso di memoria motoria a causa di un cambio di posizione.

Sono particolarmente comuni tra i pianisti poiché il pianoforte è uno dei pochissimi strumenti che, oltre a riprodurre melodie monodiche, prevede anche l’esecuzione di parti armoniche che restano meno impresse nella mente.

I più esperti nel settore dell’armonia riescono talvolta ad improvvisare per brevi sezioni fino ad arrivare a dei “check-point” fissati nella mente in precedenza. È buona norma infatti stabilire nel corso del brano dei punti a cui tornare quando accade un vuoto di memoria.

La memoria dei Cantanti

Diversa è la condizione dei cantanti: per ragioni sceniche, in occasione della rappresentazione delle opere, essi sono costretti a cantare sempre a memoria.

Per lo più si riscontra maggiore difficoltà a memorizzare i recitativi che le arie: i recitativi in quanto maggiormente “parlati” sul piano tecnico, dunque meno melodici e più ricchi di parole, tendono a restare meno nella mente. Le arie invece vengono di solito studiate più a lungo dal momento che presentano difficoltà tecniche maggiori rispetto ai recitativi; inoltre sono la parte melodica che resta nella mente più facilmente.

Per sventare il pericolo di vuoti di memoria durante le recite, fino a qualche anno fa esisteva la figura del Maestro suggeritore in Teatro, che oramai è presente solo in pochissimi enti lirici, tra cui il Teatro Alla Scala di Milano ed il Teatro comunale di Bologna.

Questo Maestro si trova in una fossa apposita in una posizione antistante il palco, ossia il proscenio, e suggerisce le prime parole di ogni frase.

In genere comunque l’utilizzo della parola associata alla melodia facilita di molto la memorizzazione delle parti vocali, poiché si può sfruttare tanto la memoria musicale quanto quella legata al senso del testo enunciato.

Musica da camera a memoria

La musica da camera, o musica d’insieme, per prassi si esegue con lo spartito.

Ciò permette agli strumentisti, il cui repertorio prevede per lo più l’accompagnamento al pianoforte, di poter scegliere sempre di suonare con lo spartito senza incorrere in critiche particolari.

Ad esempio ci si aspetta che un violinista suoni a memoria in occasione dell’esecuzione di concerti solistici (ovvero concerti per violino e orchestra), o magari se esegue degli studi per violino solo. Ma la maggior parte del repertorio è composto di sonate per violino e pianoforte, che in quanto musica cameristica vengono eseguite quasi sempre con lo spartito.

Viceversa accade spesso che i cantanti eseguano a memoria anche le arie da camera; la motivazione è forse da ricercarsi in quella percentuale di recitazione che è sempre parte dell’esibizione di un cantante e che risulta più naturale in assenza di spartito.

Curiosità

Molti concorsi per strumentisti e cantanti hanno come obbligo l’esecuzione a memoria del repertorio scelto.

Ma in concerto il musicista, sebbene vincolato dall’opinione pubblica che si aspetta esecuzioni a memoria, è tuttavia libero di decidere se utilizzare o meno gli spartiti.

Anzi, alcuni celebri musicisti hanno costruito intorno a questa tematica delle vere e proprie scuole di pensiero: è il caso di Svjatoslav Richter, che dopo una lunga carriera decise di scrivere un manifesto sul non suonare a memoria, in occasione di un concerto tenuto a Torino nel 1994. Leggiamo nel programma di sala che così si esprime rispetto alla consuetudine di suonare a memoria:

Che infantilismo e che vanità, fonte di fatiche inutili, questa specie di gara di prodezza della memoria, quando bisognerebbe soprattutto fare della buona musica che tocchi l’ascoltatore! […] L’incessante richiamo all’ordine dello spartito darebbe meno licenza a questa “libertà”, a questa “individualità” dell’interprete con cui si tiranneggia il pubblico e si infesta la musica, e che non è nient’altro che mancanza di umiltà e di rispetto per la musica stessa.