IL MAESTRO COLLABORATORE

di  Maria Rosaria Rossi

Figura fondamentale nei teatri di tutto il mondo, il maestro collaboratore al pianoforte ha mansioni spesso sconosciute anche a coloro che lavorano nel settore musicale.

È dunque importante delinearne le principali responsabilità, specificando che è uno dei pochi ruoli che permettono anche ai pianisti di lavorare a Teatro.

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Perché il pianoforte?

La natura sinfonica del pianoforte e la sua ampia capacità sonora, rendono il pianista il solo musicista a poter intraprende la carriera del Maestro collaboratore.

Quando parliamo di natura sinfonica del pianoforte, intendiamo che esso è l’unico strumento in grado di sostituire un’orchestra sinfonica grazie a due caratteristiche principali: la possibilità di suonare più di due voci contemporaneamente – cosa che ad esempio un violino non può fare in quanto strumento monodico -; l’ampia estensione sonora, tale da permettergli di coprire tutti i registri, da quelli più acuti (violini, flauti), a quelli più gravi (contrabbassi, fagotti, tromboni).

Il Maestro collaboratore è proprio colui che ha il compito di sostituire l’orchestra sinfonica in determinati ambienti.

Dove lavora il Maestro collaboratore

Fatte le dovute premesse, verrà spontaneo dedurre che il Maestro collaboratore è una figura che lavora nelle strutture che ospitano orchestre: i Teatri lirico-sinfonici.

In Italia i maggiori Teatri appartenenti a questa definizione sono il Teatro Alla Scala di Milano, il Teatro di San Carlo di Napoli, il Teatro Massimo di Palermo; teatri minori sono però presenti in maniera diffusa su tutto il territorio.

Una figura talvolta confusa con quella del Maestro collaboratore è quella del pianista accompagnatore, che però lavora nei Conservatori ed ha il compito di accompagnare al pianoforte gli strumentisti. Dunque il suo repertorio consta principalmente di concerti per solisti e orchestra, repertorio operistico vario e musica d’insieme.

Cosa fa il Maestro collaboratore

Il Maestro collaboratore in Teatro può occuparsi di due settori: il balletto o l’opera.

Viene spontaneo chiedersi perché ci sia il bisogno di sostituire l’orchestra se ne esiste già una ed è stabile in Teatro. La motivazione è dovuta alla modalità organizzativa degli spettacoli: ogni produzione ha orientativamente la durata di un mese.

In questo spazio di tempo ci si occupa principalmente di coordinare gli artisti in scena e la regia dell’opera o del balletto. In questa fase è inutile e dispendioso convocare tutti i professori d’orchestra; basterà il solo maestro collaboratore, che viene munito di uno spartito con riduzione pianistica della partitura orchestrale e cura più della metà della preparazione dello spettacolo.

Il Maestro all’Opera

Oltre a sostituire l’orchestra, il maestro collaboratore nel settore dell’Opera, mentre suona, può essere chiamato ad accennare la parte vocale dei cantanti qualora si assentassero ad una prova. Ciò significa che il pianista dovrà studiare in precedenza non solo ciò che suonerà al pianoforte, ma anche tutte le parti dei cantanti.

Quando accade che un cantante sia improvvisamente impossibilitato ad esibirsi ad una recita o alla prova generale, il suo sostituto viene preparato dal maestro collaboratore, che incontrerà il nuovo interprete, spesso insieme al direttore d’orchestra, per istruirlo sulle direttive di regia ed aiutarlo a ripetere la sua parte.

Il Maestro al ballo

Ruolo particolare è quello del Maestro che suona al balletto.

Sebbene siano naturalmente assenti tutte le mansioni legate al canto, un’abilità ulteriore e fondamentale per accompagnare il balletto è avere esperienza con l’improvvisazione.

I ballerini classici dedicano infatti una parte delle prove alla lezione o classe, ossia un momento in cui non viene montata la coreografia ma si eseguono delle sequenze di esercizi quali sbarra, centro e salti.

In questa circostanza al pianista viene chiesto di eseguire brani improvvisati, ma con direttive ritmiche e d’andamento sempre diverse in base al passo, molto complesse da cogliere nell’immediato. Fondamentale dunque è conoscere i passi di danza e tenere a mente che l’improvvisazione messa in atto deve assecondarli. I ballerini sono tra l’altro estremamente sensibili ai cambi di tempo ed allo slancio ritmico, dunque sbagliare l’improvvisazione significa ostacolarli nell’esecuzione dell’esercizio.

Maestro di sala, alle luci, di palco

In generale nei teatri non viene mai ingaggiato un unico pianista per ricoprire il ruolo di maestro collaboratore, sia per avere un sostituto in caso di imprevisti, sia perché i maestri collaboratori si occupano anche di mansioni differenti dal suonare.

Il Maestro che in una determinata produzione suona al pianoforte viene definito “maestro di sala”. Gli altri Maestri collaboratori poi possono essere maestro alle luci o di palco; il maestro alle luci segna su uno spartito apposito i momenti in cui comunicare ai tecnici i cambi di luce durante lo spettacolo, i momenti di buio e la calata del sipario. Ricopre questo ruolo in particolare durante le prove generali ed agli spettacoli stessi.

Il Maestro di palco invece ha un ulteriore spartito su cui segna quando chiamare interpreti e figuranti per farli entrare in scena.

In media ogni Teatro ha almeno due Maestri collaboratori.

Come si diventa Maestro collaboratore

Questo ruolo è carico di responsabilità ed al pianista vengono richieste delle competenze incredibilmente vaste. Oltre a saper cantare, ed essere in grado di farlo mentre suona, va ricordato che il pianista suona sotto direzione, cioè seguendo un direttore d’orchestra.

Ciò significa che si dovrà adeguare ai tempi ed alle idee musicali del direttore, e soprattutto guardarlo mentre dirige per sapere cosa fare.

Certo se immaginiamo una sola persona a suonare al posto di un’orchestra, cantare al posto di un cantante e contemporaneamente osservare e seguire le indicazioni di un direttore, capiremo che il maestro collaboratore è più un alieno che un musicista!

Curiosità

Chi lavora assiduamente in un teatro ha molto di rado dei lunghi periodi di tempo per studiare; ciò significa che le competenze di lettura dello spartito devono essere estremamente avanzate ed accompagnate da una buona dose di “furbizia”. Infatti non è importante suonare esattamente tutte le note riportate sullo spartito, anche perché non sempre al pianoforte si può riprodurre ciò che fa l’orchestra per ovvi limiti tecnici e fisici.

Chi ha una buona conoscenza dell’armonia e sa cogliere quali sono le parti più importanti in uno spartito, saprà eliminare le note e le voci superflue, sacrificandole in favore di un’esecuzione fluida e funzionale.